L’architettura è un’arte ma non per questo l’architetto è un artista.
Non è diverso dal dipingere ed essere pittori, non c’è un rapporto di causa-effetto ma un problema di qualità. Nel sentire comune riteniamo che il titolo di artista, infatti, spetti a chi ha raggiunto un livello -non discutiamo qui del parametro- molto elevato.
Per questo chi ha un certo titolo di studio ed esercita una professione che ha per scopo la costruzione e la modifica degli edifici non necessariamente fa l’artista, non gli vengono commissionate opere da museo ma di risolvere concreti problemi che hanno a che fare con la vita di tutti i giorni. Dal permesso che ci consente di costruirci un tetto sotto cui abitare al trovare come ricavare la cameretta per la figlia che cresce o il secondo bagno, necessario per arrivare in orario al lavoro.
Tutto ciò premesso non possiamo che distinguere i lavori quanto meno in due famiglie: i grandi lavori ed i piccoli lavori. La dimensione -è ovvio- non è il metro di paragone.
Ma allora, chiarito che i primi “spettano” ai più capaci e fortunati professionisti, che hanno la possibilità di esprimersi a tutto tondo, fino a fare violenza alle esigenze del committente, che devono piegarsi alle esigenze del progetto, e che gli “altri” lavori “cadono” sugli “altri” professionisti, perché questi ultimi perseguono il proprio segno, non richiesto, da lasciare a tutti i costi?
autore: Massimo Meneghin
il #progetto d’#architettura è soluzione di problemi o #espressione dell’#autore?