Le tendenze attuali sono sotto gli occhi di tutti, e ne risentiamo in prima persona. Volenti o nolenti.
Caso eclatante è la specializzazione, sempre più spinta. Le competenze di un professionista di ieri potrebbero far ridere il collega di oggi. Non tanto per la quantità di informazioni, ovviamente aumentate a dismisura ma per l’approccio.
Facciamo l’esempio del medico di una o due generazioni fa. Molte delle cose che assumiamo o che vengono usate per le diagnosi non erano nemmeno state concepite. Però il medico di famiglia faceva molto in prima persona, di certo non operava a cuore aperto ma molte delle sue azioni, elementari rispetto a quello che succede nelle camere operatorie di oggi, non sono certo alla portata del collega odierno.
I valori in campo sono del tutto diversi. Non c’è vincitore e non c’è perdente.
Quale il senso di riportare questa storiella? Semplicemente il suggerire di ripensare anche alla semplicità, che non è sinonimo di banalità. Anzi riuscire a semplificare è molto difficile!
Nello specifico è fondamentale considerare che la specializzazione da sola non basta, anzi se non è inserita in un contesto, che evidentemente deve essere analizzato -e progettato- da un non-specialista, il cui operato non è meno importante, se non altro perché potrebbe indirizzare le operazioni -per quanto sofisticate- in direzione del tutto errata.
Chi può sostenere che l’operato del medico di famiglia è meno importante di quello dello specialista?
autore: Massimo Meneghin
#specialista o non-specialista, questo è il dilemma!